Applicazioni per iPhone e progetti web. Talvolta è meglio concentrarsi su un buon progetto web che investire in applicazioni.

Mi riferisco per esempio alle applicazioni che distribuiscono le informazioni dei giornali online o quelle che permettono di connettersi ai Social Network.
Al workshop di SMAU Business che ho tenuto a Roma il 25 marzo 2010 ho voluto affrontare questo argomento perché la realizzazione di applicazioni come strumento di navigazione sta diventando una strategia dei grandi mezzi di comunicazione e anche di aziende che in qualche modo vogliono affrontare questa nuova avventura della distribuzione dei contenuti.

Il tema è incentrato proprio sulle funzionalità di queste applicazioni e di come possono portare un valore aggiunto alla semplice distribuzione dei contenuti tramite un accesso via web-browser.

La riflessione parte proprio da questo punto di partenza: un dispositivo come iPhone, attraverso Safari, il suo browser integrato, permette una agevole consultazione dei siti web, fatta eccezione per i contenuti realizzato con Adobe Flash il cui player non è ancora integrato in iPhone (e a quanto pare non lo sarà ancora per un po’ di tempo, ma questo è un altro discorso e per il momento lo lasciamo da parte).
In ogni caso Safari, permette un’agile consultazione di siti web, e l’esperienza di navigazione è senz’altro gradevole almeno nei progetti web ben realizzati e accessibili.

Che bisogno c’è dunque di sviluppare un’applicazione per iPhone se deve avere le stesse potenzialità della normale consultazione del sito web? Se ci si fermasse alla semplice valutazione sulla disponibilità dei contenuti si potrebbe anche dire che non esiste effettivamente questa pressante necessità, ma la realizzazione di un’applicazione ha anche altri obiettivi, come la fidelizzazione del cliente, o anche semplicemente un’azione pubblicitaria o di marketing.

E’ evidente che l’utilità di un’applicazione si individua invece nel valore aggiunto che può portare alla comunicazione in generale, come l’utilizzo delle funzioni di geolocalizzazione o l’organizzazione delle informazioni in modalità più adatte al piccolo strumento su cui vengono visualizzate.

La mia analisi però si ferma proprio su questo punto: qualora l’applicazione serva soltanto per organizzare in forma diversa gli stessi contenuti distribuiti sulla pagina web tradizionale, dobbiamo fare attenzione affinché, effettivamente, i contenuti distribuiti siano quelli che gli utenti sono abituati a vedere online.

Non è raro infatti (e nel workshop la mia dimostrazione era basata su una valutazione fatta sull’applicazione per iPhone del New York Times e il relativo sito web), che venga nuovamente introdotta una discriminazione nella diffusione dei contenuti tra chi li consulta via web e chi li consulta via applicazione.

Dico che “viene nuovamente introdotta” perché quando dieci anni fa si cominciava a parlare di contenuti accessibili, una prima soluzione attuata da molti sviluppatori fu quella di realizzare progetti web accessibili paralleli a quelli non accessibili. Ricorderete senz’altro i collegamenti “Vai al sito accessibile” disseminati qua e là per il web. Tale tecnica si rilevò a breve del tutto inaccettabile perché di fatto apriva la strada a possibili difformità di contenuti tra le due versioni. Ricordo un altro mio workshop su questo tema di qualche anno fa dove analizzavo proprio questo aspetto evidenziando, ad esempio, che il portale web di Vodafone Italia, nella sua versione cosiddetta accessibile, era ormai diventato quasi un dimenticatoio, i cui contenuti erano completamente diversi dal portale tradizionale.

Se spostiamo nuovamente la nostra attenzione alle applicazioni e all’analisi che ho potuto fare su quella del New York Times, possiamo scoprire che in effetti l’applicazione non contiene tutte le informazioni del sito web ma è priva di una grande quantità di informazioni soprattutto se pubblicate come notizie secondarie o correlate delle principali.

E’ evidente che questo fa dell’applicazione del NYT un’incompiuta che potrebbe non soddisfare pienamente l’utente e rendere la semplice navigazione sul portale web con Safari più soddisfacente dell’utilizzo dell’applicazione. Di fatto è l’applicazione che decide, in maniera automatica e al di fuori delle linee editoriali che probabilmente il gestore dei contenuti si è dato, cosa l’utente può o non può vedere.

E’ evidente quindi che, se non si vuole buttare tempo e denaro in applicazioni poco utili, e se non si vuole finire nel già immenso mare di applicazioni presenti su iTunes con commenti catastroficamente negativi, è bene pensare che le applicazioni hanno la loro ragione di esistere per la grande quantità di servizi aggiuntivi che possono essere messi a disposizione degli utenti, ma che se devono ridursi a una semplice “modalità alternativa” di fruizione dei contenuti bisogna valutare bene se invece non sia il caso di investire prima in una ristrutturazione dei portali web per renderli più accessibili e usabili con le moltitudine di dispositivi che oggi esistono, a partire proprio dalla definizione di nuovi layout più semplici e ordinati, in sostituzione di progetti caotici che ancora oggi proliferano nel web.

 

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