un “Channel” su YouTube. Per chi non lo sapesse un channel su YouTube non è altro che un account attraverso il quale si pubblicano i propri video.
Non
mi sembra né un’operazione difficile né tantomeno una notizia. Eppure
arrivò tanto di comunicato stampa con relative dichiarazioni
dell’amministratore delegato.
Come si dice, l’arte di sapersi vendere!
Oggi leggo che sarebbe nato un nuovo motore di ricerca che si chiama Cheogle, ispirato alla figura di Ernesto Che Guevara, che sarebbe in grado di dare più spazio alle piccole aziende.
Io
non so se è vero; magari l’agoritmo che genera i risultati è davvero in
grado di fare questo lavoro. E’ un test che non ho tempo di fare e
rimango col dubbio, anche perché non sono uno che da giudizi senza un
fondamento.
Però per adesso mi limito a fare qualche
considerazione, giusto il tempo di vedere il codice e fare qualche
piccola ricerca sul web.
La home page del motore di ricerca è
generata con una ridicola (e scorretta) tecnica che si basa sui frames
nascosti. Non mi dilungo sulle tecnologie, basta sapere che serve a
nascondere il vero indirizzo nella barra degli indirizzi. Già, perché il vero indirizzo è quello di Google.
Infatti Cheogle apparentemente (ma non troppo) non è altro che una personalizzazione di Google, cosa che su orvietonews.it c’è da circa 3 anni (o di più, non ricordo).
Questa è la personalizzazione di orvietonews.it
e questa questa quella di Cheogle.
Non so a voi ma a me sembra esattamente la stessa cosa (loghi, colori e altre strutture possono essere personalizzate).
Ma magari mi sbaglio.
Allora vediamo se la notizia è rimbalzata in giro per il web.
Ho provato a cercare cheogle
ma tutto quello che ho trovato su Google stesso è stato qualche sito
non troppo chiaro su tecnologia e finalità del presunto motore.
Ho
provato anche a cercare nella fitta blogosfera. Si sa, i blogger sono
tanti e davvero attenti a ogni piccola novità. Per la ricerca ho
utilizzato Technorati, l’aggregatore di post di blog più famoso del web: la ricerca ha restituito zero risultati.
E
dire che con la misera chiave di ricerca “orvieto” ci sono circa 1870
risultati. Quindi nessuno nella blogosfera ha parlato di questo
argomento.
E infine, tanto per perdere altri 3 minuti, mi sono chiesto: ma di chi è questo sito?
Rapida ricerca su network-tools per scoprire che è di Fabrizio Salvati, forse bravo chitarrista ma nessuna traccia di esperto in soluzione per il web.
Insomma, rapide ricerche per dedurre che Cheogle non è quello che si dice. Ossia, non sembra quello che si dice, perché il condizionale è d’obbligo.
Proprio mentre stavo scrivendo ho avuto modo di parlare con l’amico Emanuele Gentili che ha scritto la notizia su orvietonews.it e mi ha detto che il progetto è una versione alpha, cioè poco più che una bozza. Probabilmente Emanuele ha usato impropriamente la terminologia alpha
per indicare questo sito. Infatti una versione alpha è una fase
primordiale di un progetto mentre questo non è altro che un modo poco
elegante di camuffare una banale personalizzazione di Google, nessuna
fase primordiale quindi, forse solo un’idea.
Comunque il web (e
soprattutto il giornale online che rappresento) non ha bisogno di
proclami né di esternazioni non richieste né tantomeno di notizie
approssimative e non verificate.
E’ già tanto difficile per gli
utenti normali distinguere ciò che è professionale da ciò che non lo è,
ciò che è autorevole da ciò che non lo è.
Tutti noi che ogni
giorno lavoriamo sodo per cercare di aspirare a una professionalità più
elevata possibile sia nelle produzioni editoriali sia in quelle
tecnologiche, non possiamo correre il rischio di confonderci nel brusio
di sottofondo dell’informazione e contribuire noi stessi a rendere
ancora più confusa la percezione della professionalità in questo mondo
virtuale.
Sul web ci sono migliaia di posti per fare
informazione e contro informazione e i blog sono i luoghi naturali dove
ci si può dilettare in queste cose.
I giornali online sono un’altra cosa.
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