Passato e futuro della comunicazione, Italia (forse) indietro di due anni

In questo studio comparso su baekdal.com Thomas Baekdal ci presenta un’analisi molto interessante del passato, del presente e del futuro della comunicazione.

Luca Mascaro ha già evidenziato come l’aspetto interessante sia legato al fatto che la trasformazione della comunicazione sia sempre più a vantaggio dell’utilizzatore, minor costo col maggior risultato, soffermandosi poi sulla previsione per il futuro, dove lo scenario rappresenta una quasi totale estinzione dei mezzi di comunicazione tradizionali intorno al 2020.

Il paragrafo dedicato al 2020 si intitola proprio “Traditional is dead” 

Lascio a Luca e ad altri più autorevoli “futurologhi” il giudizio legato a questa ipotesi, nonché quello della dominanza dei Social News in questi anni futuri.

Mi interessa invece uno sguardo al presente, quello che viene definito “Everything is Social“, ogni cosa è social.

Questo grafico evidenzia uno status della comunicazione dove i Social Networks hanno acquisito una fetta predominante in rapporto agli altri mezzi di comunicazione, superiori ai giornali e anche alla televisione.

Questo scenario, analizzato dal sito danese, mi fa purtroppo constatare che in Italia le cose non stanno proprio così, ma che, a mio avviso, per avere uno scenario molto più realistico bisogna tornare indietro di un paio di anni e prendere in considerazione il grafico del 2007 intitolato “Me too“, anche io.

Ecco, questa analisi del 2007 mi sembra molto realistica per l’Italia del 2009, Social Network e Siti web in forte espansione, una crisi sempre più profonda dell’informazione tradizionale su carta (che ricordo essere tenuta in vita solo dagli aiuti statali), ma una sostanziale tenuta della televisione, forse ancora più marcata di quella ipotizzata in questo grafico.

Insomma, una correzione di un paio d’anni all’indietro che credo non sia poi così sbagliata e che lascia la nostra bella Italia in un continuo rincorrere il resto del mondo occidentale.

Ci tengo comunque a dire che questo gap non è affatto ascrivibile a un ritardo culturale. Penso che sia un ritardo strutturale, legato alla mancanza di infrastrutture tecnologiche, alla mancanza di banda larga diffusa, alla scarsa consapevolezza sulle possibilità che la rete offre, alla marcata mancanza di preparazione su questi temi da parte di chi questi processi deve governarli.

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