In questi giorni (4-5-6 novembre 2009) si sta svolgendo a Orvieto l'”Open Office Conference 2009“, l’annuale conferenza degli sviluppatori di Open Office, la suite di software per ufficio liberamente scaricabile da internet, di fatto il primario concorrente del famoso pacchetto Office di casa Microsoft.
Quello che segue è l’esilarante comunicato stampa della Provincia di Terni, che non l’azzecca nemmeno una, a partire dalle location che sono ben altre.
Se avete una conoscenza anche superficiale di OpenOffice non avrete difficoltà a capire la sfilza di castronerie che sono riusciti a infilare nel comunicato. Se siete all’oscuro di tutto vi basti sapere che il comunicato, praticamente, è privo di ogni significato.
Buona (divertita) lettura.
OPEN OFFICE / In svolgimento a Orvieto l’iniziativa sui nuovi software liberi per avvicinare aziende e pubblica amministrazione 200 esperti del settore di numerose multinazionali a confronto in questi giorni sulle frontiere dell’open source insieme a Regione e Province di Terni e Perugia.
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(PTN/MC) – TERNI – Prosegue a Orvieto, nei locali del Chiostro di San Giovanni, del Centro studi, della Fondazione Cro e del Palazzo del Gusto, l'”Open office conference 2009″, iniziativa patrocinata da Regione Umbria e Province di Terni e Perugia e dedicata ai nuovi software liberi. L’iniziativa riservata alle più importanti multinazionali mette a confronto oltre 200 fra esperti e tecnici del settore informatico che si confrontano sull’innovazione riguardante l’accesso in open source e il rapporto fra aziende e pubblica amministrazione. L’obiettivo dell'”Open office conference” è quello di accorciare le distanze fra aziende e d enti pubblici mettendo a disposizione dati e informazioni decodificabili in tempo reale grazie a sistemi leggibili da tutti e determinando risparmi di tempi e risorse. Domani pomeriggio alle 16.30 al Centro studi è in programma un tavolo interistituzionale al quale parteciperanno i rappresentanti delle multinazionali e delle istituzioni regionali, provinciali e locali. Alle 19,00 al Palazzo del Gusto è invece prevista una cena a base di eccellenze enogastronomiche di tutto il territorio provinciale.
Quest’anno il workshop a SMAU è stato più insolito degli altri anni: la sala conferenze che ho utilizzato era organizzata in un openspace al centro di uno dei settori espositivi di SMAU e non in un’aula laterale chiusa al pubblico non iscritto.
Un palco più che un’aula. Niente male, anche per il successo di pubblico.
Stavolta un completo e professionale articolo sul workshop e su SMAU in generale è stato scritto da Laura Ricci, non mi resta che sottoscrivere ogni sua riga. Le slides solo pubblicate su slideshare.
Vi lascio all’articolo, che trovate anche su orvietonews.it.
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Investimento e ritorno, nel web del futuro l’accessibilità è
strumento di business: Fabrizio Caccavello a Smau 2009. Hai visto mai
che gli affari possano quel che non è riuscito all’etica?
“Investimento
e ritorno: nel web del futuro l’accessibilità è strumento di business”.
Nell’Italia ormai prossima al 2010, che con la cosiddetta Legge Stanca
del 2004 sembrava aver fatto dell’abbattimento delle barriere sul web
il proprio qualificante fiore all’occhiello socio-informatico, dopo che
a distanza di circa sei anni la legge Stanca risulta una delle più
disattese anche da parte di chi ne avrebbe l’obbligo (Pubblica
Amministrazione, sue assimilate e partecipate, enti e organismi a
carattere sociale), è con questo argomento che Fabrizio Caccavello è intervenuto per IWA (International Webmasters Association) all’edizione 2009 di SMAU,
l’Esposizione internazionale di Information & Communications
Technology che risulta, ad oggi, il maggior evento in Italia dedicato
alle tecnologie per l’informazione e la comunicazione. SMAU, che con
500 importanti espositori costituisce un’ampia vetrina di servizi e
tecnologie per l’impresa e la pubblica amministrazione, non è solo
esposizione di prodotti ma anche momento di approfondimento sugli
ultimi ritrovati tecnologici e sulle ultime tendenze di programmazione
e di ICT marketing applicate al mondo dell’informazione e della
comunicazione. E’ in quest’ultimo contesto che si situano i 75 workshop
formativi di quest’ultima edizione, di cui 15 a cura di IWA, l’unica
associazione di professionisti del web presente a livello mondiale con
rappresentanza nel W3C, la sola che
con sviluppatori esperti nel campo dell’accessibilità è impegnata nella
mission della diffusione del web accessibile e, con IWA/HWG, nel
supporto alla nascita di profili e normative per le professioni web.
Il workshop di Fabrizio Caccavello, tenuto nel
pomeriggio di giovedì 22 ottobre e seguito da un vasto pubblico, ha
avuto lo scopo di dimostrare come sia ormai molto superato e inadeguato
considerare il valore dell’accessibilità (ossia della navigabilità
universale sul web) solo come un fattore etico, ma come costituisca
invece un valore ineludibile anche a livello di business. Quando nel
2004 fu promulgata la Legge Stanca,
infatti, e la comunità internazionale degli sviluppatori si focalizzava
sulla necessità di progettare in modalità accessibile, in molti si
chiesero se questo valore aggiunto dell’accessibilità, oltre che essere
un fattore etico irrinunciabile, potesse o dovesse essere un costo
supplementare per le aziende e la pubblica amministrazione. A distanza
di cinque anni bisogna purtroppo dire che poco è cambiato per la
pubblica amministrazione e per i soggetti a cui la legge
obbligatoriamente si applica, ma moltissimo è cambiato nel web, tanto
che la discussione sui costi dell’accessibilità non ha più senso e il
ragionamento può essere girato completamente: analizzando i vantaggi
economici dell’accessibilità, che ne fanno un’importante opportunità di
promozione e di mercato piuttosto che un obbligo. E’ cioè possibile
individuare una sorta di ritorno dell’investimento (ROI = Return on
investment) che enti e aziende possono abbondantemente avere attivando
un progetto accessibile, tanto più che le nuove caratteristiche del web
collaborativo e partecipativo (Web 2.0) e quello che sarà il web del
futuro (web semantico) rendono pressoché indispensabile un progetto che
rispetti rigorosamente gli standard internazionali di programmazione, e
in particolar modo le linee guida sull’accessibilità.
Già nei workshop di Smau 2007 e Smau 2008 Fabrizio
Caccavello aveva focalizzato prima il risvolto più etico, sociale e
culturale dell’accessibilità, con un intervento su “Accessibilità e dislessia“,
volto a non escludere i diversi (qualunque tipo di diversi: disabili
motòri, non vedenti, ipovedenti, anziani, persone con strumentazione
obsoleta, dislessici, daltonici, ecc…) dai processi culturali, di
informazione e di socializzazione per cui il web è ormai strumento
imprescindibile o, come nel caso dei lettori vocali, addirittura di
supporto; poi l’aspetto più orientato ai vantaggi aziendali e di
mercato, con un’intervento su “Semplicità: accessibilità business oriented“,
mostrando come progettare e programmare in modalità accessibile in un
insieme integrato di strutture, layout, creazione e gestione dei
contenuti sia anche una questione di business, perché le percentuali
degli utenti che beneficeranno di un lavoro accessibile sono comunque
più elevate, un prodotto web accessibile è molto più trasparente per i
motori di ricerca, è leggibile dai dispositivi tecnologici di ultima
generazione tra cui cellulari e palmari. Questa volta il suo
intervento, che ha suscitato molto interesse e varie domande, è andato
ancor più in profondità, toccando la parte relativa alla diffusione e
alla particolare promozione aziendale che un prodotto web accessibile
può permettere, anche relativamente a future espansioni del prodotto
web stesso.
A parte la trasparenza per i motori di ricerca,
infatti, che non è certo da sottovalutare, i nuovi strumenti di
marketing poggiano molto sulla condivisione del web 2.0 che, se bene
organizzata – e solo tramite un prodotto accessibile questo è possibile
– può essere paragonata a un nuovo e moderno passa parola su
un’immensa, espandibile piazza virtuale, creando la possibilità di far
conoscere il proprio prodotto/i attraverso piattaforme di condivisione
come facebook, twitter, you tube, vimeo e quant’altro. Inoltre, un sito
web progettato secondo rigorosi standard di accessibilità, è in pratica
una base solida per espansioni future, che si presta sia a
implementazioni tecnologiche del sito stesso in un mondo in cui
l’innovazione tecnologica marcia ad altissima velocità, sia a diverse e
nuove strategie di ICT marketing che dovessero emergere. In pratica,
visto che il web può essere paragonato a una vera e propria opera
edile, un prodotto web accessibile è un piano terreno senza barriere
architettoniche che poggia su basi solide (nessuno, almeno nel mondo
del buon senso, costruirebbe un ufficio, un’abitazione o un negozio
senza fondamenta robuste e con una porta il cui primo gradino è alto un
metro abbondante) e che potrà successivamente supportare, al bisogno,
piani e strutture supplementari.
Tra gli imput forniti da Fabrizio Caccavello non è mancato neanche
un esempio pratico (ma potrebbero esservene molti, mutuati da
importantissime aziende) attinente al mondo familiare e quotidiano,
quello di un pur gradevolissimo sito internet di una grande marca di
divani che non solo si inceppa alla navigazione di disabili e diversi o
di palmari, ma di cui risulta impossibile trasmettere un link o
un’immagine su piattaforme come twitter o facebook: come cliente non
potrei far vedere a un amico il bel divano che ho comprato, ed
esercitare così su internet l’antico passa parola; ma non potrei
neanche promuovere, come azienda, gli ultimi modelli della mia attività
creativa o le mie vendite promozionali con una strategia comunicativa
di gruppo sulle più attuali piattaforme di condivisione.
Una riflessione, a questo punto, sorge spontanea: ma questa è mia e
a SMAU, anche per mancanza di tempo, non è stata discussa. Chissà se
quel che negli anni non ha potuto l’etica lo potranno, in modo più
“sensibile”, le necessità della new economy? In un’Italia ancora molto
inaccessibile dal punto di vista del web, dove la PA, a parte lodevoli
quanto minoritarie eccezioni, in barba alla Legge Stanca ha molto
spesso relegato questo aspetto non solo agli ultimi e più remoti
investimenti economici, ma anche all’ultimo grado della curiosità di
conoscere e sapere; in un Paese dove le associazioni umanitarie si
battono per i diritti ma li escludono in pratica dai siti internet con
i quali li divulgano; o dove enti, fondazioni varie e importanti
organismi finanziano, beninteso lodevolmente, attività e progetti di
grande spessore sociale da piattaforme web che, per un incredibile
paradosso, escludono disabili e ipoabili dalla loro navigabilità; nel
bel Paese dove, ancor peggio, per la difficoltà della materia e la
superficialità di chi dovrebbe ordinare e controllare vengono
frequentemente spacciati per progetti accessibili prodotti che neanche
lontanamente lo sono, hai visto mai che l’attenzione al business riesca
a diffondere maggiormente la consapevolezza e l’abbattimento delle
barriere architettoniche del web? E non mi si citino quei siti, di
vecchia impostazione, in cui compare talvolta la scritta “Versione
accessibile”. A parte il fatto che accessibile di solito la versione
non lo è, sarebbe come ristabilire a scuola le vecchie classi
differenziate e far fruire gli utenti di informazioni ridotte quando,
con opportuni accorgimenti, tutti possono fruire di tutto nello stesso,
identico ambiente.
Per IWA, nella giornata di giovedì, hanno tenuto workshop formativi anche Luca Mezzalira Flash Platform e VOIP, Diego La Monica Siti web, portali e Rich Internet Applications: tendenze e controtendenze, Silvia Dini Web 2 You 4 All, Gianluca Carobene I social media come strumento pubblicitario: opportunità per l’immagine aziendale e rischi per la reputazione online, Maurizio Lecce e Gaia Zuccaro Costruire una landing page dinamica, Barbara Ventura 2010 marketing trends: opportunità emergenti ed errori da evitare.
Originale, nello spirito della condivisione, l’impostazione del
seminario tenuto venerdì da Roberto Castaldo, organizzato
esclusivamente su domande dell’uditorio riguardanti alcuni
microargomenti relativi a Web 2.0: gli utenti, la raccolta della
conoscenza, l’accesso universale, i numeri, i dati personali, le
aziende, le PA, la politica.
Come ogni anno, per IWA Italia, che annovera professionisti aderenti
da tutto lo stivale, SMAU è stata una piacevole occasione fisica di
quell’incontro e di quello scambio che, tra specialisti, sono costanti
sul web, ma che hanno bisogno anche di occasioni come questa per
sostanziarsi all’esterno e aumentare la conoscenza e la sensibilità
generale su questi temi.
Da oggi Orvietonews.it sbarca con unproprio profilo su Twitter, la piattaforma di microblogging più famosa al mondo. Abbiamo preso questa decisione editoriale per continuare il nostro progetto di trasformazione delle modalità di diffusione e condivizione delle informazioni. Nei mesi scorsi infatti avevamo già attivato una pagina sul social network Facebook, sulla quale pubblichiamo i contenuti più importanti che orvietonews.it edita, inserendo anche l’apposito widget contenente una selezione delle persone iscritte (fan) alla nostra pagina (visibile nella colonna di destra, in basso).
Per quanto riguarda Twitter invece abbiamo dotato l’applicazione dalla quale i redattori inseriscono le news di un’apposita interfaccia che, in maniera automatizzata, provvede a pubblicare i titoli e i link alle notizie sulla piattaforma di microblogging. Gli utenti che vorranno seguire in tempo reale gli aggiornamenti potranno seguire il nostro profilo.
Dal punto di vista editoriale è molto interessante questo processo perché la Twitter, oltre ad essere uno dei più grandi social-network del mondo, è anche molto seguito da chi usa gli smartphone (come iPhone).
Per chi fosse interessato alle note tecniche: l’aggiornamento di Twitter è possibile grazie alle API (Application programming interface) che Twitter stesso mette a disposizione, richiamate da un’apposita classe PHP. Per ottimizzare i link a orvietonews e in modo da rientrare più agevolmente nella lunghezza massima di 140 caratteri prevista da Twitter, abbiamo utilizzato, sempre attraverso delle API, il servizio di riduzione degli URL Tinyurl.
Combinando quindi i due servizi è stato possibile realizzare un sistema automatico di generazione delle informazioni direttamente su Twitter.
Qualche giorno fa Roberto Castaldo ha fatto un giretto “accessibile” sui siti dei tre candidati alla guida del Partito Democratico. Il risultato non è certo edificante per un partito che si è posto (o si vorrebbe porre) come innovativo, partecipato, attento alle tematiche sociali e che da sempre scimmiotta le gesta dei Democratici americani.
Anche Davide Sassoli ha rifatto il suo sito, l’ha scritto ieri su Facebook.
Davide Sassoli è sbarcato su Facebook poco prima delle elezioni con una massiccia operazione di reclutamento di amici fino a raggiungere il limite di 5000, ne sono diventato amico. Come accade spesso, appena finite le elezioni l’attività sulla community si è un po’ spenta, ma ieri il suo post mi ha incuriosito. Con una certa enfasi ha annunciato di aver pubblicato il suo nuovo sito, ha dichiarato di averci messo un po’ di tempo perché ha voluto farlo “perfetto”.
Peccato che è totalmente inaccessibile. Se Roberto Castaldo avesse inserito il sito di Sassoli nella sua ricerca l’avrebbe classificato come il peggiore, penso.
Allora in pieno spirito collaborativo, ho subito detto a Sassoli che il suo sito non è accessibile e che purtroppo, non può essere perfetto come lui pensa.
Mancano completamente le intestazioni, i font sono dimensionati in pixel, c’è un uso improprio delle tabelle, e così via, con innumerevoli problemi di accessibilità.
Ovviamente, in pieno stile “politica 1.0”, dove il politico è sul pulpito e il popolo ha il solo compito di ascoltare e seguire come un gregge, Davide Sassoli non si è degnato di rispondere, neanche con un grazie o con un “spiegami meglio questa cosa”. Un altro suo amico ha anche commentato che Davide su Facebook non risponde mai.
Insomma, ecco un bell’esempio di come la politica in Italia non abbia ancora capito cosa sia il web. Come facciamo poi a lamentarci che esistano proposte di legge come quella di Barbareschi e della Carlucci?