Ieri, 17 dicembre 2012 il W3C ha rilasciato la versione pre-definitiva delle specifiche per HTML5. Non si tratta dello standard definitivo, ma la Candidate Recommendation in attesa del documento ufficiale che a questo punto potrebbe venire alla luce già la prossima estate, anticipando di fatto i tempi di quasi un anno, visto che il percorso iniziato ieri era in programma per il 2014.
La notizia è molto importante per chi sviluppa progetti web e applicazioni, perché HTML5 rappresenta un ambiente di sviluppo cross-piattaforma, permettendo così a chi progetta di concentrarsi sulla struttura, le funzionalità e i contenuti dovendo tener presente un solo ambiente di riferimento.
Mi piace sottolineare alcuni aspetti fondamentali di questo processo, e mi piace sottolinearlo soprattutto a vantaggio delle aziende che dovranno affidare agli sviluppatori le loro idee di business.
HTML5 non farà nulla da solo
HTML5 è un soffio vitale per le funzionalità moderne del web. Ricordiamo infatti che, di fatto, l’HTML4 di oggi si basa su fondamenti che risalgono al secolo scorso, quando non avevamo neanche idea di cosa fosse un’ADSL e i telefoni portatili si chiamavano StarTac. L’HTML5 sale un gradino più su nella gerarchia strategica della progettazione per il web. Diventa di fatto… (continua a leggere sul blog IWA)
Il 12 novembre 2012 a Orvieto il Fiume Paglia è esondato e ha sommerso un’intera area produttiva e abitativa in alcuni punti sotto 3 metri d’acqua. Si è trattato di una vera emergenza, una cosa inattesa, che ha sconvolto un’intera comunità. I cosiddetti “new media”, come è facile intuire, hanno avuto un ruolo determinante nella distribuzione delle informazioni.
Dell’utilità dei Social Media nelle emergenze se ne è parlato ormai a dismisura, in meeting, corsi di formazione, eventi divulgativi e, per chi come me se ne occupa di professione, anche a cena o davanti a un cappuccino con amici e colleghi. Però c’è una bella differenza tra parlarne in modalità teoriche, nella rilassatezza di un meeting, e trovarcisi coinvolti in prima persona, nella comunità locale in cui si vive da sempre.
Nei giorni seguenti l’alluvione si è molto discusso di cosa sia successo da un punto di vista della comunicazione, soprattutto perché l’accesso al web, che ormai è più o meno alla portata di tutti, ha messo in luce l’enorme distacco tra la velocità e l’efficienza comunicativa di quello che succede online e il flusso informativo più tradizionale a cui la Pubblica Amministrazione, per certi versi fax-centrica, è ancora legata.
Qualcuno si è lamentato di come in quei momenti d’emergenza l’informazione sia corsa troppo da sola, senza aspettare numeri e comunicati ufficiali che la PA avrebbe dovuto distribuire. Evidentemente c’è ancora nostalgia per la “comunicazione controllata” d’altri tempi e d’altri regimi, o non c’è ancora chiarezza su ciò che succede online, tra la gente, e su quello che la PA giustamente deve curare come ufficialità dell’informazione. Ma non è questo il punto. Bisogna avere occhi nuovi per cercare di capire che in questi casi non sono solo i giornalisti che alimentano i flussi informativi, semmai ne sono i curatori. I flussi informativi sono generati e condivisi dagli utenti stessi, dalle persone che attraverso i loro telefonini, i loro computer, i loro tablet contribuiscono alla creazione e alla condivisione delle informazioni.
I giornalisti, e soprattutto le testate online, hanno il compito d’intercettare e riorganizzare il flusso di informazioni che altrimenti potrebbe davvero risultare troppo caotico e fuorviante. Ed è proprio quello che è successo nelle ore dell’alluvione tra i Social Network e il nostro orvietonews.it. Su orvietonews.it abbiamo immediatamente integrato ogni interazione diretta con i Social Network, ovviamente in primo luogo con Twitter, dove sono transitate informazioni e utilità in tempo reale; abbiamo lanciato immediatamente l’hashtag #orvietoalluvione da utilizzare e provveduto ad altre azioni più tecniche che ora non sto ad elencare. In redazione poi c’è stato un grande lavoro di controllo e mediazione, di contatti con le fonti autorevoli che magari restano inaccessibili agli utenti dei Social Network, in modo da dare al lettore un pacchetto informativo più credibile, fuso con quello dei Social Network, senza i quali nessuna informazione di rilievo sarebbe potuta esistere.
Capisco che la Pubblica Amministrazione, e non solo a Orvieto, non è ancora pronta alla gestione di queste dinamiche comunicative. La gestione dei Social Network e delle informazioni online da parte della PA non è infatti una cosa da trattare in emergenza. Dovrebbe essere tutto organizzato in maniera preventiva, si dovrebbero attivare i giusti canali con le giuste strategie, in un piano comunicativo generale completo e ben architettato. Anche le PA dovrebbero cominciare a scendere sui Social Network, senza demonizzarli, e raggiungere nel tempo credibilità in senso generale. Gli utenti, da parte loro, si dovrebbero abituare a frequentare e a riconoscere nei vari canali social la voce più ufficiale, più credibile meno distorta su alcuni temi di primaria importanza.
Comunque, tanto per capire bene di quali flussi stiamo parlando, di quanto gli utenti in quei giorni abbiano usato la rete come primario punto di approvvigionamento di informazioni, vediamo da vicino quei dati di cui stiamo parlando. La quantità non è sinonimo di qualità, ma la quantità ci fa capire che chi gestisce i flussi informativi e ne vuole creare altri nuovi, non può ignorare che quei flussi esistono a prescindere dalla propria volontà.
Google Analytics
Il primo dato di rilievo è il numero di contatti che ha registrato orvietonews.it che nel giorno dell’alluvione ha avuto un picco di oltre 36.000 contatti, numero molto rilevante per un quotidiano online che raramente, data la massa critica locale, supera i 10mila utenti, anche in momenti di grande interesse. Nelle ore dell’alluvione abbiamo registrato 500/600 utenti in contemporanea per molte ore.
Facebook
Facebook è stato il punto nevralgico della distribuzione delle informazioni. Se è vero che Twitter è lo strumento più idoneo in questi casi per gestire e canalizzare le informazioni rilevanti, è altrettanto indubbio che attraverso Facebook le informazioni create e generate su Twitter hanno potuto diffondersi al ben più ampio pubblico presente sul social azzurro.
YouTube
Il primo video caricato su YouTube, utilizzato poi anche da Youreporter e ripreso da numerosi telegionali nazionali è stato visto oltre 45.000 volte.
Twitter
Il volume di traffico generato su twitter è decisamente minore rispetto agli altri social, ma un’analisi qualitativa dimostra che il valore e il significato di questi post è decisamente maggiore rispetto agli altri. In questo contesto poi non bisogna dimenticare che le informazioni generate su Twitter hanno avuto rilievo e visibità su altri social network, sui giornali online e altri mezzi di comunicazione.
Forse nulla, ma leggendo questo articolo di Alfonso Fuggetta, mi è venuto in mente quest’altro articolo di Luca Conti sulla presunta morte dei Feed RSS. E mi è venuto naturale un mashup tra i due argomenti che se non hanno nulla in comune dal punto di vista tecnologico, hanno forse molte analogie da un punto di vista strategico.
Sono sufficientemente “ignorante” in materia, come dice Alfonso, e non posso aggiungere altro all’argomento Data Coupling e Service Coupling, ma sufficientemente vecchio di web per ricordare alcune cose. Agli albori del web si pensava che un giorno il nostro frigorifero potesse avere una connessione internet e capire da solo che stava per finire il latte così da poterlo ordinare in autonomia e farcelo consegnare dal servizio di consegna a domicilio del supermercato; ovviamente addebitando il costo automaticamente sulla nostra carta di credito o al credito virtuale del supermercato stesso.
Oggi sappiamo che tutto questo potrebbe essere possibile, ma non si è mai materializzato, o che forse si è fatto molto di più e che questo tipo di automazione non è poi così necessaria. Non è questo il punto.
Il punto invece è che, praticamente da sempre, così come dice Alfonso, le interazioni uomo/macchina macchina/macchina sono sempre state pensate presupponendo un accesso “in tempo reale“, come si diceva, al dato reale, non a una sua copia. Il frigorifero avrebbe dovuto ordinare il latte sulla scorta delle informazioni di disponibilità dell’istante dell’ordine, e non interpellando una base dati precaricata dal lattaio la mattina.
Per questo in rete hanno subito avuto successo i webservice.
Ma è sbagliato pensare al web come un luogo pieno di informazioni dove talora prendono forma dati di tipo Excel o Database di altro tipo.
Le pagine web stesse sono i dati. E forse è proprio per questo, per cercare una interoperabilità possibile tra gli utilizzatori del web, macchina o uomo che sia, che negli anni ’90 il linguaggio di scripting per il web fu proiettato dall’HTML verso XHTML. L’HTMH è uno scritp “sporco”, concedetemi il termine. Uno “linguaggio”, concedetemi ancora il termine, dove le cose posso funzionare anche se non troppo rigorose. L’XHTML invece è un avvicinamento dell’HTML verso la rigidità dell’XML, ossia uno script rigoroso, dove l’architettura dell’informazione è più precisa e quindi più adatta ad essere scansionata anche da un ipotetico browser testuale in dotazione a un frigorifero.
Sempre per gli stessi motivi, per dare ordine e “capacità relazionali” al web, che negli anni si sono sviluppati concetti come il “web semantico“. Un ulteriore passo verso un’architettura dell’informazione più evoluta, più adatta alle interazioni.
Non a caso, i Feed RSS sono in pratica un XML.
E se consideriamo il Feed RSS come una risorsa per permettere agli utenti di aggregare le informazioni di interesse, è evidente che dobbiamo subito giungere alla conclusione che i Feed RSS non hanno più ragione di esistere. Ossia, dobbiamo ammettere che non hanno mai avuto ragione di esistere. Chiunque abbia accesso alle statistiche di siti mediamente visitati saprà perfettamente che le visite provenienti da informazioni aggregate attraverso i Feed non hanno superato mai la soglia dello zero-virgola-qualchecosa. Non ora, da sempre.
Ma è sbagliato dire che i Feed RSS sono morti. Anzi. A mio avviso rappresentano tuttora una salvezza per lo scambio di informazioni. Il web non sarà mai rappresentabile con un XML; un web semantico, probabilmente, non nascerà mai. Il nostro Feed RSS rappresenta quindi il nostro Open Data. Il legame tecnologico tra le nostre informazioni e il resto del web.
Il Feed RSS è il nostro webservice, l’accesso in tempo reale al nostro flusso informativo, è il nostro Service Coupling. E questo ragionamento si è anche sviluppato a margine della discussione nata su Facebook all’articolo di Luca Conti.
E quando leghiamo il concetto di Open Data, nella sua versione più semplicistica, alla tabella CSV che talvolta il tecnico della PA estrapolerà dal suo computer ricordandosi di caricarla su un server web, stiamo pensando a un concetto di comunicazione e interoperabilità pre-frigoriferiana. Il Feed RSS della PA deve ancora venire.
Parte oggi il nuovo servizio Akquisti, che abbiamo ideato in Akebia per far convergere l’esigenza di visibilità (pubblicità) degli operatori economici e la richiesta di opporunità commerciali degli acquirenti, pubblicato sul giornale online www.orvietonews.it.
Akquisti non è né un sistema di commercio elettronico né un sistema di advertising, è invece un modo per permettere agli operatori di essere visibili sul loro territorio di riferimento offrendo ai propri clienti (o possibili nuovi clienti) un numero limitato di prodotti o servizi a un costo molto competitivo.
Un incontro vantaggioso per domanda/offerta veicolato attraverso un giornale online che si pone come garante sulla qualità dei prodotti o servizi esposti. Un circuito di fiducia reciproca che coinvolge un micromercato per aggiungere valore alla pubblicità già efficiente di un banner, collocandola nell’ambito delle utility e nelle opportunità spendibili da un cliente.
Oggi, nel web pieno di Groupon e Groupalia, Akquisti assume una particolare valenza. Il micro territorio di riferimento e l’autorevolezza del mezzo di comunicazione in cui è inserito ne fanno una novità dal punto di vista strategico. Le dinamiche di acquisto sono state modellate a misura di territorio. Nessuna transazione commerciale online, gli operatori economici sono sul territorio e il cliente può fare l’acquisto come sempre personalmente. Solo un PNR da ottenere online (per email e per SMS) e da comunicare al negoziante per effettuare l’acquisto.
Vedremo nei prossimi mesi la risposta degli utenti, e soprattutto quella degli imprenditori.