Vi aspetto al Veneziacamp, fiera dell’innovazione tecnologica, per parlare di layout per il mobile (iPhone e iPad)

Dal 1 al 3 luglio 2010 si svolgerà all’Arsenale di Venezia la seconda edizione del Veneziacamp, fiera dell’innovazione tecnologica.

Sarà un’occasione importante per sviluppatori, manager, aziende e PA per capire un po’ meglio come agire e come investire nei nuovi processi dell’informatizzazione e dell’informazione.

Per quanto mi riguarda sarò presente in un workshop sabato 3 luglio ore 12 alla sara Arzanà per parlare di layout, di come realizzarli in maniera efficiente per ogni tipo di utilizzatore con un occhio in più verso i tablet e più in generale i dispositivi mobili.

La riflessione è incentrata sul funzionamento di iPhone e iPad, ma è evidente che la casa di Cupertino non resterà a lungo l’unica produttrice di tali strumenti di navigazione e quindi i progetti web dovranno necessariamente fare i conti con una miriade di dispositivi mobili. Per progettare bene è necessario quindi capire bene con chi abbiamo a che fare.

In concomitanza del Veneziacamp IWA Italy festeggerà i suo 10 anni di (tenace) esistenza.

Segnalo infine un workshop molto interessante su turismo/web/politica. Alle ore 10,00 (Tese3 –  Galeazze) “STN Social Tourism Networking: il turismo e la rete, chase history e politica” dove verrà presentato un progetto molto interessante di “Turismo Sociale” http://www.veneziacamp.it/varie/www-mylocalguide-org/ .

Lo consiglio vivamente a tutti coloro che si occupano di turismo e di marketing turistico. Sarei davvero felice di incontrare a Venezia gli operatori turistici del mio territorio, della mia Orvieto, sempre alla ricerca di un modello sensato di promozione turistica. Basta guardarsi in giro per capire che ci sono strade già segnate e percorsi innovativi che vanno progettati e sperimentati.

Poi una piccola nota su questo tema. E’ davvero lusingante per me e i miei colleghi vedere che alla più importante fiera sull’innovazione tecnologica che si tiene in Italia venga presentato questo argomento. Circa un anno e mezzo fa, all’interno di un bando PUC, per la sezione “marketing urbano” presentammo per conto del Comune di Orvieto un innovativo e futuristico progetto integrato di “Turismo dal basso e condiviso”, un po’ un incrocio tra un piccolo Facebook e questa idea di Mylocalguide. Sarebbe stato un esperimento unico a livello nazionale, che oggi potrebbe rientrare in quelle strategie che alcuni teorici del web chiamano “iperlocale”. Purtroppo il progetto non fu finanziato dalla Regione Umbria e tantomeno compreso (forse neanche mai letto) dalla classe politica locale.
Non mi spaventa affatto questa disattenzione della politica, è un male storico che difficilmente riusciremo a curare, quello che mi fa pensare invece è che il progetto fu messo sotto esame da manager arcaici per nulla connessi con le moderne strategie di marketing e per nulla attenti alle innovazioni tecnologiche che invece erano alle porte. Vi ricordo che stiamo parlando del periodo in cui su Facebook, che oggi sembra parte integrante di internet, c’erano poche migliaia di iscritti e i nostri account erano sbadatamente dimenticati sul web.

Dovemmo inserire nel progetto dei totem informativi perché lo richiedeva il bando e ricordo ancora che in fase di presentazione alle associazioni di categoria il direttore della più importante associazione di commercianti si lamentò del fatto che il progetto fosse un po’ vuoto, mancando per esempio delle indicazioni stradali per guidare i turisti dentro la città. E’ evidente che il progetto non c’entrava niente con queste strategie e invece voleva essere una prima sperimentazione di un nuovo modo di rappresentare una micro realtà territoriale, darle efficienza e permettere al mondo esterno di valutarne le capacità ancor prima di esserci arrivati.

Queste visioni miopi non vanno dimenticate perché poi il mondo va avanti davvero, e i manager, se vogliono definirsi tali, hanno il dovere di capire cosa li circonda, perché solo la consapevolezza può aiutare a compiere quelle scelte che comunque rimangono difficili e che i manager, per il ruolo che coprono, hanno il dovere di fare.

Ecco, torniamo a Venezia, dove comunque parlerò di Layout e di iPad… StayTuned…

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Il mio primo iPad

Il titolo vuole essere fiducioso.

Se questo che ho ricevuto oggi è il mio primo iPad è evidente che spero di averne altri.

L’inizio è in agrodolce, l’emozione di avere in mano un oggetto che potrebbe segnare uno spartiacque tra un modo e un altro di percepire e connettersi con la rete e più in generale con la tecnologia è forte.

Come tutti i prodotti Apple lo tiri fuori dalla scatola ed è subito pronto. Funzionante.

Ti richiede subito iTunes, e anche questo è normale. Quello che non ti aspetti è che al primo tentativo iTunes non si connette bene con iPad, si blocca alla procedura di registrazione e tutto finisce.

Al secondo tentativo di connessione iTunes si accorge che c’è un iPad, diverso dal precedente. Chiede di riconfigurarlo. Tutto ok. Sincronizza le applicazioni.

Scopro subito che è vero che le applicazioni studiate per iPhone sono compatibili su iPad, ma che la loro definizione ottimale rimane quella del piccolo schermo di iPhone e che se strecciate a tutto schermo per iPad non sono davvero il massimo.

Scollego iPad, lo ricollego per sincronizzare la musica. iTunes dice: “si è verificato un errore sconosciuto su questo iPad e non posso collegarmi”. Cavolo! Mi ricorda gli ambienti Windows di qualche annetto fa. Poi iPad si blocca.

Fine per adesso.

Ora dovrò cercare il modo di resettare iPad perché è bloccato in posizione di avvio e non si muove.

Vi terrò informati.

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Applicazioni per iPhone e progetti web. Talvolta è meglio concentrarsi su un buon progetto web che investire in applicazioni.

Mi riferisco per esempio alle applicazioni che distribuiscono le informazioni dei giornali online o quelle che permettono di connettersi ai Social Network.
Al workshop di SMAU Business che ho tenuto a Roma il 25 marzo 2010 ho voluto affrontare questo argomento perché la realizzazione di applicazioni come strumento di navigazione sta diventando una strategia dei grandi mezzi di comunicazione e anche di aziende che in qualche modo vogliono affrontare questa nuova avventura della distribuzione dei contenuti.

Il tema è incentrato proprio sulle funzionalità di queste applicazioni e di come possono portare un valore aggiunto alla semplice distribuzione dei contenuti tramite un accesso via web-browser.

La riflessione parte proprio da questo punto di partenza: un dispositivo come iPhone, attraverso Safari, il suo browser integrato, permette una agevole consultazione dei siti web, fatta eccezione per i contenuti realizzato con Adobe Flash il cui player non è ancora integrato in iPhone (e a quanto pare non lo sarà ancora per un po’ di tempo, ma questo è un altro discorso e per il momento lo lasciamo da parte).
In ogni caso Safari, permette un’agile consultazione di siti web, e l’esperienza di navigazione è senz’altro gradevole almeno nei progetti web ben realizzati e accessibili.

Che bisogno c’è dunque di sviluppare un’applicazione per iPhone se deve avere le stesse potenzialità della normale consultazione del sito web? Se ci si fermasse alla semplice valutazione sulla disponibilità dei contenuti si potrebbe anche dire che non esiste effettivamente questa pressante necessità, ma la realizzazione di un’applicazione ha anche altri obiettivi, come la fidelizzazione del cliente, o anche semplicemente un’azione pubblicitaria o di marketing.

E’ evidente che l’utilità di un’applicazione si individua invece nel valore aggiunto che può portare alla comunicazione in generale, come l’utilizzo delle funzioni di geolocalizzazione o l’organizzazione delle informazioni in modalità più adatte al piccolo strumento su cui vengono visualizzate.

La mia analisi però si ferma proprio su questo punto: qualora l’applicazione serva soltanto per organizzare in forma diversa gli stessi contenuti distribuiti sulla pagina web tradizionale, dobbiamo fare attenzione affinché, effettivamente, i contenuti distribuiti siano quelli che gli utenti sono abituati a vedere online.

Non è raro infatti (e nel workshop la mia dimostrazione era basata su una valutazione fatta sull’applicazione per iPhone del New York Times e il relativo sito web), che venga nuovamente introdotta una discriminazione nella diffusione dei contenuti tra chi li consulta via web e chi li consulta via applicazione.

Dico che “viene nuovamente introdotta” perché quando dieci anni fa si cominciava a parlare di contenuti accessibili, una prima soluzione attuata da molti sviluppatori fu quella di realizzare progetti web accessibili paralleli a quelli non accessibili. Ricorderete senz’altro i collegamenti “Vai al sito accessibile” disseminati qua e là per il web. Tale tecnica si rilevò a breve del tutto inaccettabile perché di fatto apriva la strada a possibili difformità di contenuti tra le due versioni. Ricordo un altro mio workshop su questo tema di qualche anno fa dove analizzavo proprio questo aspetto evidenziando, ad esempio, che il portale web di Vodafone Italia, nella sua versione cosiddetta accessibile, era ormai diventato quasi un dimenticatoio, i cui contenuti erano completamente diversi dal portale tradizionale.

Se spostiamo nuovamente la nostra attenzione alle applicazioni e all’analisi che ho potuto fare su quella del New York Times, possiamo scoprire che in effetti l’applicazione non contiene tutte le informazioni del sito web ma è priva di una grande quantità di informazioni soprattutto se pubblicate come notizie secondarie o correlate delle principali.

E’ evidente che questo fa dell’applicazione del NYT un’incompiuta che potrebbe non soddisfare pienamente l’utente e rendere la semplice navigazione sul portale web con Safari più soddisfacente dell’utilizzo dell’applicazione. Di fatto è l’applicazione che decide, in maniera automatica e al di fuori delle linee editoriali che probabilmente il gestore dei contenuti si è dato, cosa l’utente può o non può vedere.

E’ evidente quindi che, se non si vuole buttare tempo e denaro in applicazioni poco utili, e se non si vuole finire nel già immenso mare di applicazioni presenti su iTunes con commenti catastroficamente negativi, è bene pensare che le applicazioni hanno la loro ragione di esistere per la grande quantità di servizi aggiuntivi che possono essere messi a disposizione degli utenti, ma che se devono ridursi a una semplice “modalità alternativa” di fruizione dei contenuti bisogna valutare bene se invece non sia il caso di investire prima in una ristrutturazione dei portali web per renderli più accessibili e usabili con le moltitudine di dispositivi che oggi esistono, a partire proprio dalla definizione di nuovi layout più semplici e ordinati, in sostituzione di progetti caotici che ancora oggi proliferano nel web.

 

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Forum sul turismo nell’orvietano, reportage live su twitter e considerazioni finali

Oggi pomeriggio ci siamo prodigati in una diretta su Twitter dal Palazzo dei Congressi di Orvieto dove si svolgeva il Forum sul Turismo organizzato dal Comune di Orvieto (soprattutto dall’Assessore Marco Sciarra).

Abbiamo cercato di sintetizzare nei 140 caratteri ammessi dal Social Media i punti salienti dei relatori (non sempre riuscendoci in verità).

Per ritrovare tutto il report è sufficiente cercare su Twitter la parola chiave #orvietoturismo, oppure seguire direttamente questo link.
I post di Orvietonews sono quelli del canale ufficiale del giornale online, quelli di cfabry sono del mio profilo personale su Twitter.

Considerazioni e conclusioni

Non sta certo a me tirare le conclusioni di questo forum ma visto che sono stato uno dei partecipanti al “movimento dal basso” ideato più di un anno fa da Marco Sciarra, e ho (forse non fedelmente) focalizzato i passaggi chiave su Twitter di questo lungo pomeriggio di interventi, provo a mettere giù due riflessioni finali, ovviamente partendo dal mio punto di vista molto concentrato sul web.

Iniziamo parafrasando una famosa canzone sanremese di Elio e le Storie Tese: eventi si, eventi no, eventi gnamme, se famo du spaghi. Infatti i due più autorevoli partecipanti al forum, Stefano Cimicchi (direttore dell’APT umbro) e Vittorio Ravà (esperto in marketing territoriale), hanno sostenuto due tesi contrapposte sugli eventi.

Cimicchi ne ha elogiato l’efficacia, auspicando di vederli distribuiti in maniera più uniforme per gestirne gli effetti positivi in un periodo più ampio, mentre Vittorio Ravà li ha definiti una vera e propria sciagura, i cui effetti sono molto discutibili soprattutto se gli eventi non sono contestualizzati al territorio.

Certo che le parole di Ravà hanno colpito molto una platea di imprenditori e un gruppo dirigente che ha puntato quasi sempre sugli eventi. Ricordo per esempio le parole dello stesso Cimicchi di un paio di anni fa quando dopo una settimana di Pasqua molto ricca di turisti dichiarò al TG3 “Ci vorrebbero molte pasque!”. Fatto sta che il pensiero di Ravà non è nuovo nell’ambiente e che la creazione di eventi c’entri poco o nulla con il marketing territoriale è noto da tempo. Ma di questo ne ha parlato anche Cimicchi, magari un po’ grossolanamente, citando le “tribu turistiche“, ad indicare quella massa di persone (spesso singole) che si muovo per interessi di nicchia e non per adesione a campagne promozionali di massa.

C’è da supporre però che le verità stiano sempre nel mezzo, che l’organizzazione di eventi debba essere più coordinata e in tono con la policy generale che la città vuole darsi, e che l’offerta costellazione ipotizzata da Ravà non diventi una frammentazione schizofrenica di piccoli individualismi.

Sia Cimicchi che Ravà però hanno riconosciuto al web un ruolo dominante. Peccato che entrambe l’abbiano liquidato con mezza frase sussurrata, evitando di entrare nel merito. Peccato perché proprio di “come vada utilizzato il web” ci sarebbe un bisogno estremo di consapevolezza e conoscenza. Nel 2010, in piena fase di Social Network, o Social Media come sarebbe più giusto definirli ora, non ha più senso parlare né di sito web né tantomeno di portale web. Due termini arcaici che non rendono affatto giustizia del complesso mondo delle relazioni sociali che si instaurano sul web. Due termini che usati così, senza specifiche, rischiano di riportare indietro i ragionamenti di oltre 10 anni, quando si pensava che “il portale” potesse essere lo strumento di sviluppo e la punta di diamante di un progetto di marketing o pubblicitario.

Come dice giustamente Leonardo Riscaldati oggi ti devi misurare con il tam tam che gli utenti fanno sul web per confrontarsi su ristoranti, alberghi, luoghi in generale. Peccato che gli imprenditori, anziché cercare una governance di queste dinamiche, chiedono spesso come si possano eliminare alcuni di questi report negativi che gli utenti lasciano su contenitori come Tripadvisor, Youtube ecc.

E’ sempre la solita storia, il problema non è “il fatto” (in questo caso il disappunto del cliente) ma di chi lo scrive (e in questo caso i Social Network che lo permettono).

Anche Piero Caponeri ha parlato di un progetto “2.0” non specificando poi se si tratta propriamente di web o di cos’altro. Ammesso che stesse parlando di web2.0, e cioè di condivisione e partecipazione sul web, vorrei ricordare che questo tipo di interazione non si realizza “costruendo un nuovo portale”. Non si deve reinventare la ruota. Gli strumenti per queste azioni esistono già, da Youtube a Twitter, da Facebook a Friendfeed (ecc), basta ideare i giusti mashup e utilizzarli al posto giusto nel momento giusto. D’altra parte anche un giornale online come orvietonews.it sta diventando sempre più un mashup di servizi, condiviso e partecipato, molto partecipato.

Ed anche Luciana Olimpieri ha giustamente individuato, oltre alle strategie tradizionali di marketing, anche la strada del web e del web sociale moderno, come obiettivo di campagne di marketing.

E’ chiaro che la città che ospita 3 giornali online e migliaia di utenti (locali) connessi a Facebook, deve partire da qui, da questo mondo che una volta si definiva virtuale, per portare all’attenzione dell’utente le sue meravigliose potenzialità (per fortuna già reali e sviscerate da tempo), ma attenzione però a non pensare cose già desuete o viziate da strategie territoriali che partono col vizio di forma dell’illusione della governance centralizzata. Il web non è così, non è più così da tempo.

Il forum dunque ha evidenziato molti spunti di riflessione che ora l’Amministrazione dovrà sintetizzare. Molte cose, a mio avviso, sono state condivisibili, altre veri giri di parole senza senso (alla faccia di chi si lamenta del politichese!). Nel complesso una buona riuscita, che per trasformarsi in qualcosa di concreto credo debba passare per altre fasi di condivisione più approfondita, magari sul web, dove la condivisione è davvero più facile che non in una sala conferenze dove solo 10 interventi possono complicare la vita dei moderatori.

Naturalmente a patto che la condivisione e partecipazione di cui parlo non sia come quella ideata dal Comune per la Caserma Piave, che più che partecipazione mi è sembrata disinformazione 1.0.

Infine un in bocca la lupo a Marco Sciarra, il cui ruolo a questo punto mi sembra determinante, visto che l’atteso appuntamento con il mega consulente di marketing non ci ha portato una vera case-history da cui prendere spunto, ma una serie di considerazioni e riflessioni che andranno focalizzate e riproposte alla eterogenea platea di operatori del settore, quasi mai coalizzata su operazioni strategiche comuni.

 

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