WIRED sbarca in Italia, impressioni e considerazioni

copertina di wired01Ho ricevuto nella mia posta (quella di carta) l’atteso primo numero di WIRED.

Per chi non la conoscesse è la rivista americana che si è affermata come vero punto di riferimento per le nuove tecnologie, e il mondo scientifico in generale.

Da questo mese esce il primo numero in Europa. A sorpresa la scelta è ricaduta sull’Italia con una edizione che non è la traduzione della rivista americana ma un nuovo magazine con contenuti interamente nuovi.

Altri autorevoli commentatori hanno già parlato di questa avventura editoriale, di come in un periodo in cui la maggior parte della carta stampata vive nella crisi più profonda, questo guru dell’informazione tecnologica decida di intraprendere un progetto cartaceo proprio in Italia, dove notoriamente la gente non compra i giornali e per utilizzo delle nuove tecnologie è tra gli ultimi in Europa.

Vorrei quindi solo fare alcune considerazioni.

La prima è che, come già commentavo questa mattina su Facebook, la lettura del solo articolo di Al Gore già varrebbe l’acquisto dell’intera rivista. Una vera perla di comunicazione, essenziale, semplice, immediata, lucida. Capace in poche righe (poco più di una paginetta) di descrivere un progetto, commentare lo status attuale dell’informazione e lanciare idee e proposte per il futuro.

L’altra considerazione è sul volume delle pubblicità: davvero enorme e di altissimo livello. Praticamente ci sono tutti i più grandi marchi.

Davvero un gran bell’inizio.

Nota personale: erano tempi immemorabili che non provavo entusiasmo nello sfogliare una rivista. Direi che ho provato la stessa emozione di quando intorno ai 17 anni ho sfogliato per la prima volta “Tuttifrutti”, l’alternativa e stravagante rivista dedicata al mondo della musica che allora era la mia passione primaria.
Qualche tempo fa un caro amico d’infanzia, incontrandomi dopo tanto tempo, mi ha detto: – Ma ti ricordi quando leggevi Tuttifrutti? Ma dimmi una cosa: ma che cacchio c’era scritto? –
Cosa c’era scritto su Tuttifrutti me lo ricordo perfettamente perché quella rivista ha formato le mie abitudini musicali di oggi, spero che gli articoli di WIRED possano allo stesso modo arricchire la mia vita professionale.

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Meno carta e più internet, ecco come garantire pluralismo e libertà di informazione nel 2009.

La notizia principale di oggi di Punto Informatico è un articolo di Gaia Bottà sulla situazione dei giornali di carta, a partire da quelli di oltre oceano.

Secondo Gaia, che riprende il parere di un autorevole esperto del settore, il 2009 sarà per la carta stampata un anno di dolori. Gli americani già nel 2008 avevano preferito l’informazione online a quella dei tradizionali quotidiani cartacei e sembra che per il 2009 sia prevista un’ulteriore perdita a carico di questi ultimi.

Da noi le cose sono ancora un po’ diverse. La presenza di massicci aiuti di stato agli editori tradizionali sta ancora tenendo in piedi un mercato disastrato. Anche perché in Italia i famigerati centri media che raccolgono la quasi totalità degli investimenti pubblicitari, stanno ancora girando le cifre astronomiche dei budget pubblicitari verso i canali televisivi, in una distorsione del mercato senza precedenti.

Insomma la regola tutta italiana sembra questa: la televisione piglia tutto, i giornali di carta si mantengono con i soldi pubblici, e internet è sempre il terzo incomodo a cui non bisogna dare troppa fiducia perché sta rovinando le regole del gioco; non va boicottato perché non si può ma va osteggiato in qualche modo, per esempio impedendo di fatto la costruzione della banda larga a tutto il territorio nazionale.

Fino a quando chi tiene le fila del gioco è il beneficiario di tutto questo il gioco non cambierà. Non bisogna però pensare che il grande vecchio si chiami solo Berlusconi. Il grande vecchio è il sistema di potere nostrano, da Confindustria al mondo politico.

Comunque, se negli USA il cambio di rotta c’è già stato e nel 2009 ci sarà un’ulteriore resa dei conti, da noi si potrà tardare un po’ ma la tendenza non può che essere quella.

Con questo non auspico la fine dei giornali di carta, dico solo che se una volta per garantire il pluralismo e la libertà di espressione ci si preoccupava di garantire la libertà di stampa (di carta) ora si dovrebbe riuscire a capire che per garantire pluralismo e libertà è necessario garantire internet a tutti, come l’acqua.

 

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