C’è bisogno di competenze digitali, soprattutto per quelle legate al web. Per questo nei seminari che porto in giro nelle occasioni in cui faccio divulgazione o formazione cerco di parlare di cose che possano portare un contributo nella comprensione del mondo digitale che è diventato il luogo primario delle nostre attività di business e delle nostre relazioni sociali.
Se la fotografia dell’Italia digitale (indice DESI) è da anni pessima, il cuore del problema è soprattutto nella scarsa consapevolezza che si ha della reale capacità di dare peso a ciò che il digitale può rappresentare. Spesso nelle aziende diventa un “ramo d’azienda” con quel testardo uso della parola “anche” prima di “digitale”. Così, facciamo ancora leggi che si applicano di qua, di là e “anche” nel mondo digitale; editiamo libri “anche” digitali; vediamo prodotti “anche” online; paghiamo servizi “anche” online; produciamo documenti “anche” in formato digitale e così via per tutte le attività che ci interessano.
Soffrire perennemente di “sindrome da incompetenza digitale” genera notevoli problematiche. Decisori che non hanno strumenti per decidere e valutare, fornitori che si lanciano nel mercato con prodotti e servizi talvolta improponibili; assistiamo inoltre alla nascita di una pletora di presunti esperti nelle più astruse professionalità, che, chiaramente, diventano guru di qualunque cosa abbia una base digitale.
C’è una sequenza del film di Nanni Moretti Sogni d’Oro che mi piace citare:
“Parlo mai di epigrafia greca? … io non parlo di cose che non conosco”
Il video della sequenza è qui.
È bellissima questa apologia del tuttologo, che spostata dal cinema al digitale conserva tutta la sua ironica verità.
Non esistono tuttologi, non esistono i webmaster, non esistono gli esperti di internet, non esistono gli esperti di informatica in generale.
Esistono competenze digitali ben definite. Esistono profili professionali operanti nel web che sono stati anche normati da UNINFO. Qui ulteriori dettagli.