Accessibilità: non è solo questione di codice

In questi giorni mi è capitato di parlare di accessibilità dal punto di vista tecnico.

Non c’è dubbio che il codice con cui sono generati i siti web sia il primo passo verso l’accessibilità. Il mio intervento di presentazione del sito internet dell’Associazione Italiana Dislessia si intitolava infatti “Un passo verso l’accessibilità”.

logo W3CÈ duro constatare come ancora oggi alcuni colleghi facciano un uso improprio sia della parola accessibilità sia dei loghi messi a disposizione dal W3C per la validazione del codice (come questo qui a fianco).

La progettazione di un sito internet parte certamente dalla corretta scrittura del codice di marcatura XHTMH. Nessun progetto professionalmente avanzato può avere origine partendo da un codice non standard e non validato dagli appositi validatori del W3C. Ciononostante non si può dire che un sito che abbia un codice validato sia nel contempo accessibile.

Quando un sito internet espone un logo come questo, e il link associato porta a una pagina del W3C che dice “This Page Is Valid XHTML 1.0 Strict!” questo non significa nulla dal punto di vista dell’accessibilità dice solo che il codice XHTML della pagina da cui si è cliccato è fatto a dovere. Cioè c’è la giusta base di partenza.

Per far diventare un sito accessibile si deve iniziare un lungo lavoro di progettazione che va dalla struttura del layout alla scelta dei colori, dalla modalità di visualizzazione dei caratteri alla scelta consapevole dei testi altrenativi per le immagini. E via così attraverso una strada complessa tra decine o forse centinaia di piccole considerazioni generali.

Non posso stare qui a elencare tutti i passaggi chiave per conseguire un bollino di accessibilità, ci sono interi siti web e libri molto ricchi di contenuti che lo spiegano a dovere.
Volevo solo mettere l’accento sul fatto che l’ultimo tassello che completa il percorso di avvicinamento alla chimera dell’accessibilità (c’è sempre qualcosa di nuovo da fare!) è senza dubbio il contenuto.

Rendere un sito accessibile significa infatti dare al maggior numero possibile di utenti la possibilità di navigare e quindi comprendere il contenuto di una pagina web. Un sito web quindi può anche essere ineccepibile dal punto di vista tecnico ma può essere completamente inaccessibile dal punto di vista del suo contenuto.

L’esempio più classico può venire dalla Pubblica Amministrazione (scusate, il solito esempio). Recentemente su un sito web di una PA, appena realizzato e nuovo di zecca, bello e accessibile sotto tanti punti di vista ho visto pubblicato un contenuto che il cui titolo recitava  così:

 

AI SENSI DELLA DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE 20 DICEMBRE 1999 N. 755 COME MODIFICATO CON DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE 15 FEBBRAIO 2006 N.235, PER LA FORMAZIONE ELLE GRADUATORIE PER L’ASSEGNAZIONE DEI CONTRIBUTI DEL FONDO AZIONALE DI CUI ALL’ART. 11 DELLA LEGGE 9 DICEMBRE 1998 N. 431 ED AL DECRETO DEL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI DEL 7 GIUGNO 1999, PER IL SOSTEGNO ALL’ACCESSO ALLE ABITAZIONI IN LOCAZIONE.

 

 

Ecco, questo testo, buono forse come titolo per un atto amministrativo a uso interno, non può certo essere pubblicato come “titolo” di un contenuto nella speranza che qualcuno possa capire di cosa si tratta.

Infatti il titolo più umano di questo contenuto era semplicemente:

Contributi per le abitazioni in locazione. Entro il 22 febbraio le domande.

 

Non c’è dubbio che è impossibile pensare, soprattutto nella Pubblica Amministrazione periferica, che ci possa essere improvvisamente una piena consapevolezza di cosa significhi “comunicare in modo accessibile”. La strada e molto in salita ma è obbligatorio per tutti percorrerla.

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