Proprio ieri ho incontrato Stefano Corradino di Articolo 21 e mi ha anticipato l’articolo che avrebbe scritto oggi e già qualche giorno fa su Punto Informatico è stato pubblicato un pezzo su un’azienda multata dall’Agenzia delle Entrate per non aver pubblicato sul proprio numero di partita IVA sulla homepage.
Ma questa della obbligatorietà della partita IVA per i soggetti IVA è ormai acqua passata. E’ obbligatoria punto e basta.
Stefano invece teme che, forse, tale obbligatoriretà possa essere estesa anche a chiunque possieda un qualcosa di pubblico sul web, come un blog.
E’ evidente che tutti ci auguriamo che all’Agenzia delle Entrate smentiscano presto questa assurdità, così come il ministro Gentiloni si affrettò a precisare che il disegno di legge sull’editoria che accumunava blog, gionali online e quant’altro era stato una svista.
La mia considerazione è ancora più di base e riguarda proprio questa mania di voler per forza equiparare il web a qualcosa di esistente.
Per alcuni, e purtroppo spesso anche per il legislatore, il web non è un’entità precisa con delle caratteristiche uniche e nuove, ma un qualcosa di fuggevole che deve essere necessariamente ricondotto a strutture esistenti e già note.
E nel progetto di comunicazione aziendale il web è collocato spesso vicino alla carta intestata e ai biglietti da visita, ecco perché al legislatore viene in mente di obbligare le aziende a indicare la partita IVA, proprio come sulla carta intestata.
Insomma, c’è un miscuglio di inconsapevolezza, di incapacità, di approssimazione di cui prima o poi dovremmo liberarci se non vogliamo ridicolizzare ancora una volta la presenza italiana sul web.
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