Social Network, informazione locale e Pubblica Amministrazione in situazioni di emergenza. Diamo anche i numeri

Il 12 novembre 2012 a Orvieto il Fiume Paglia è esondato e ha sommerso un’intera area produttiva e abitativa in alcuni punti sotto 3 metri d’acqua.
Si è trattato di una vera emergenza, una cosa inattesa, che ha sconvolto un’intera comunità. I cosiddetti “new media”, come è facile intuire, hanno avuto un ruolo determinante nella distribuzione delle informazioni.

Dell’utilità dei Social Media nelle emergenze se ne è parlato ormai a dismisura, in meeting, corsi di formazione, eventi divulgativi e, per chi come me se ne occupa di professione, anche a cena o davanti a un cappuccino con amici e colleghi.
Però c’è una bella differenza tra parlarne in modalità teoriche, nella rilassatezza di un meeting, e trovarcisi coinvolti in prima persona, nella comunità locale in cui si vive da sempre.

Nei giorni seguenti l’alluvione si è molto discusso di cosa sia successo da un punto di vista della comunicazione, soprattutto perché l’accesso al web, che ormai è più o meno alla portata di tutti, ha messo in luce l’enorme distacco tra la velocità e l’efficienza comunicativa di quello che succede online e il flusso informativo più tradizionale a cui la Pubblica Amministrazione, per certi versi fax-centrica, è ancora legata.

Qualcuno si è lamentato di come in quei momenti d’emergenza l’informazione sia corsa troppo da sola, senza aspettare numeri e comunicati ufficiali che la PA avrebbe dovuto distribuire. Evidentemente c’è ancora nostalgia per la “comunicazione controllata” d’altri tempi e d’altri regimi, o non c’è ancora chiarezza su ciò che succede online, tra la gente, e su quello che la PA giustamente deve curare come ufficialità dell’informazione. Ma non è questo il punto.
Bisogna avere occhi nuovi per cercare di capire che in questi casi non sono solo i giornalisti che alimentano i flussi informativi, semmai ne sono i curatori. I flussi informativi sono generati e condivisi dagli utenti stessi, dalle persone che attraverso i loro telefonini, i loro computer, i loro tablet contribuiscono alla creazione e alla condivisione delle informazioni.

I giornalisti, e soprattutto le testate online, hanno il compito d’intercettare e riorganizzare il flusso di informazioni che altrimenti potrebbe davvero risultare troppo caotico e fuorviante. Ed è proprio quello che è successo nelle ore dell’alluvione tra i Social Network e il nostro orvietonews.it. Su orvietonews.it abbiamo immediatamente integrato ogni interazione diretta con i Social Network, ovviamente in primo luogo con Twitter, dove sono transitate informazioni e utilità in tempo reale; abbiamo lanciato immediatamente l’hashtag #orvietoalluvione da utilizzare e provveduto ad altre azioni più tecniche che ora non sto ad elencare.
 In redazione poi c’è stato un grande lavoro di controllo e mediazione, di contatti con le fonti autorevoli che magari restano inaccessibili agli utenti dei Social Network, in modo da dare al lettore un pacchetto informativo più credibile, fuso con quello dei Social Network, senza i quali nessuna informazione di rilievo sarebbe potuta esistere.

Capisco che la Pubblica Amministrazione, e non solo a Orvieto, non è ancora pronta alla gestione di queste dinamiche comunicative. La gestione dei Social Network e delle informazioni online da parte della PA non è infatti una cosa da trattare in emergenza. Dovrebbe essere tutto organizzato in maniera preventiva, si dovrebbero attivare i giusti canali con le giuste strategie, in un piano comunicativo generale completo e ben architettato. Anche le PA dovrebbero cominciare a scendere sui Social Network, senza demonizzarli, e raggiungere nel tempo credibilità in senso generale. Gli utenti, da parte loro, si dovrebbero abituare a frequentare e a riconoscere nei vari canali social la voce più ufficiale, più credibile meno distorta su alcuni temi di primaria importanza.

Comunque, tanto per capire bene di quali flussi stiamo parlando, di quanto gli utenti in quei giorni abbiano usato la rete come primario punto di approvvigionamento di informazioni, vediamo da vicino quei dati di cui stiamo parlando. La quantità non è sinonimo di qualità, ma la quantità ci fa capire che chi gestisce i flussi informativi e ne vuole creare altri nuovi, non può ignorare che quei flussi esistono a prescindere dalla propria volontà.

Google Analytics

Il primo dato di rilievo è il numero di contatti che ha registrato orvietonews.it che nel giorno dell’alluvione ha avuto un picco di oltre 36.000 contatti, numero molto rilevante per un quotidiano online che raramente, data la massa critica locale, supera i 10mila utenti, anche in momenti di grande interesse. Nelle ore dell’alluvione abbiamo registrato 500/600 utenti in contemporanea per molte ore.

Facebook

Facebook è stato il punto nevralgico della distribuzione delle informazioni. Se è vero che Twitter è lo strumento più idoneo in questi casi per gestire e canalizzare le informazioni rilevanti, è altrettanto indubbio che attraverso Facebook le informazioni create e generate su Twitter hanno potuto diffondersi al ben più ampio pubblico presente sul social azzurro.

Orvieto alluvione Facebook

YouTube

Il primo video caricato su YouTube, utilizzato poi anche da Youreporter e ripreso da numerosi telegionali nazionali è stato visto oltre 45.000 volte.

Twitter

Il volume di traffico generato su twitter è decisamente minore rispetto agli altri social, ma un’analisi qualitativa dimostra che il valore e il significato di questi post è decisamente maggiore rispetto agli altri. In questo contesto poi non bisogna dimenticare che le informazioni generate su Twitter hanno avuto rilievo e visibità su altri social network, sui giornali online e altri mezzi di comunicazione.

Orvieto Alluvione Twitter

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